Wednesday, January 16, 2013

La poesia dei Kihon

I Kihon sono le basi ed il supporto su cui si fonda il Karate antico e moderno. Una tappa obbligata (e, a mio avviso, piacevole) per chi decide di imbarcarsi in un'avventura esplorativa delle discipline marziali giapponesi. 

Praticando una disciplina a contatto pieno, però, vengono subito alla mente quelle differenze tra la versione 'fondamentale' - rappresentata durante le lezioni e durante la sollecitazione della memoria neuromuscolare - e quella dinamica, applicata soprattutto durante il Kumite - il combattimento - la forma espressiva più alta, più complessa, forse più difficile del Karate. 

Ad un occhio inesperto (ad esempio il mio), le tecniche fondamentali e quelle applicate, nel Karate Shinseikai, possono sembrare molto diverse. Un comando di Oi-Tsuki (pugno con braccio avanzato), nella versione classica, parte dalla posizione di Heikō-dachi con un bellissimo movimento che ricorda lo  scoccare di una freccia da un arco naturale fatto di mani e braccia. La stessa tecnica, applicata in combattimento (lo Shinseikai è un Karate 'aperto', dove è possibile misurarsi su diverse discipline, alcune delle quali ammettono i colpi al viso con i guantoni), ricorda molto di più una posizione di attacco misto a difesa, con il mento basso ed il colpo che parte dalla posizione di guardia e sfrutta tutto il peso del corpo mentre l'altra mano protegge il proprio viso, per poi rientrare a velocità ancora maggiore nella posizione di guardia.

Ieri sera, subito dopo le lezioni, cercando di spiegare questa apparente distonia tra le due tecniche, ho pensato alla metafora del poeta. E' forse possibile far fare alle proprie parole una Grand Jeté, dividerle in sonetti rispettando rime e metriche, e farle rincorrere in un girotondo di emozioni senza aver appreso - con impegno e passione - le regole della lingua scritta e parlata? E poi, adattare tali regole per comporre qualcosa che nessuno ha ancora scritto?

Così come la poesia è legata a doppio filo alle regole sintattiche e semantiche della propria lingua (non solo per seguirle, ma anche per trasformarle ed adattarle al contesto), i Kihon sono legati a doppio filo con la versione dinamica delle tecniche utilizzate in combattimento. I Kihon sono poesia, che in combattimento diventano una poesia bella e mortale.

Sunday, January 6, 2013

Mai perdonato.


Bambino, su questa terra
e messo in fila, insieme agli altri
osservando il dolore della guerra
e le regole che rendono scaltri

Il tempo passa, il Ragazzo cammina
ed è vittima inconsapevole
della lotta che si avvicina
Ormai Giovane Uomo, ricorda lodevole
il giuramento fatto quella mattina

“Mai da questo giorno in poi avverrà
la privazione della mia volontà”

Ciò che hai provato
Ciò che hai conosciuto
Mai apparse in ciò che hai mostrato
Né libero il sentimento
che non hai mai perdonato

E passa il tempo, e vite spese,
perse inseguendo il niente
come tante candele accese
spente dall’alito della gente.

Anziano, senza alcuna vittoria
La giornata è diventata corta
Una battaglia che oramai è storia
Un uomo stanco a cui poco importa

Il vecchio che si prepara
A morire con rimpianto
Quel vecchio sono io
Con il bambino accanto