Tuesday, December 22, 2009

Il curioso caso di Benjamin Button.

Le analogie e le metafore rendono la vita, se non più vera, più colorata.
Si discuteva con il Sensei, nei pochi istanti di pausa, degli allenamenti e della disciplina Shinseikai, e di come le tre ore settimanali, vista la natura della disciplina stessa, fossero insufficienti.
Il dialogo:

Gabba: "Shinseikai è una disciplina che richiede ben più di tre ore a settimana."
Sensei: "Vero."
Gabba: "Ne sono convinto."
Sensei: "Vi vieto, forse, di allenarvi conto vostro? Io facevo così: quando non mi allenavo nel mio Dojo, mi allenavo per conto mio."
Gabba: "Non è la stessa cosa."
Sensei: "E qui sbagli. Ma lo capirai... Non devi avere fretta."
Gabba: "Credo di capire. Non è la stessa cosa, ma è quello che va fatto. Bisogna crescere, prima o poi."

La crescita è inevitabile. C'è un paradosso, però, nel crescere da adulti, ed è la sensazione di essere ancora un infante incastrato in un corpo che invece vira verso la vetustà. Come Benjamin Button. L'esperienza da neofita ha bisogno del maestro, il corpo da adulto ha bisogno di proseguire da solo. E bisogna seguire tutte e due le strade.

"Niente paura", mi dico, "non sono due strade, non è un bivio. La strada è la stessa, quello che cambia è che, alle volte, il maestro non c'è. E, allora, devi far da solo."

E stasera ci si allena. Con il Sensei.

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