Un tizio vestito in nero, con il cappello nero, cappotto nero, pantaloni neri, scarpe nere, occhiali neri, il volto coperto da una sciarpa nera, si avvicina a me e in maniera furtiva cerca di donarmi una scatola, nera. La scatola ha un aspetto innocuo e non aggressivo. E' bella e strana, e sembra non entrare in sintonia con quello che mi circonda.
Chiedo cos'è. Mi viene risposto che è una scatola magica. Posso usarla solo tre volte. Faccio una battuta stupida sulla lampada del Dottor Aladino e l'uomo in nero muove leggermente la testa da sinistra a destra, paziente come se avesse previsto la battuta e non potesse evitarla.
Magica in che senso, dico. L'uomo in nero scandisce le parole come se parlasse con un tredicenne brufoloso, e mi dice che posso viaggiare nel tempo per tre volte, e per tre volte potrò tornare avanti.
A quali condizioni, comunico al darkettone. Il liquiriziato mi dice che avrò solo tre occasioni, che devo sapere quando andare e che sono in un giro da cui non riuscirò ad uscire.
La mia fronte si imperla di sudore in 3.5 millisecondi, e l'uomo color carbone non c'è più.
Torno a casa.
Prendo un foglio di carta, una matita preistorica ed inizio a scrivere:
1) Tornare indietro per far avverare una cosa buona: iniziare il Karate a sei anni anzichè a quarantasei.
2) Tornare indietro per evitare che una cosa cattiva accada: evitare a Mattia di rompersi il gomito facendogli studiare la registrazione video dell'incontro che lo vedrà protagonista.
Mi blocco sul terzo punto.
Mi addormento. Mi risveglio il giorno dopo, con i capelli fulminati, indice di notte insonne. Le borse sotto gli occhi sono griffate. Non riesco a decidermi.
Poi, l'idea, il fulmine a ciel sereno: donare la scatola magica a qualcun'altro.
Lo farò, è sicuro. Esco in strada per cercare vestiti adeguati allo scopo.
Ed ho anche capito chi era lo spilungone nero.
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